
Joseph Ratzinger ha dato ieri le sue dimissioni – “inaspettatamente”, dicono – così la tragica situazione economica e politica dell’Italia passa in secondo piano. La nuova moda vuole che si parli di toto-Papa e i gay non possono svincolarsi dal discutere la successione della sola ed unica Queen che conta.
Dopo la rinuncia di Silvio Berlusconi, che preferisce il basso profilo e si accontenta della succursale vaticana, uno dei cardinali candidati ad indossare scarpette di Prada e pellicce d’ermellino è Peter Turkson.
Il cardinale africano si distingue dagli altri (non meno omofobi) per le affermazioni dello scorso anno, quando dichiarò che bisogna comprendere le ragioni per cui alcuni governi africani emanano leggi contro l’omosessualità.
Quando si parla di uno stile di vita alternativo, si può parlare di diritti umani? C’è una sottile differenza tra moralità e diritti umani. Deve essere chiarita.
In oltre trenta Paesi africani l’omosessualità è illegale e le pene vanno dalla fustigazione pubblica alla condanna a morte.
Tra i favoriti spicca anche il nigeriano Francis Arinze, che nel 2003 si lasciò andare il un ardito paragone tra omosessualità, pornografia, infanticidio e adulterio. Non è da meno il canadese Marc Ouellet, il quale fa riferimento all’orientamento omosessuale come ad un abominio e definisce la lotta ai diritti LGBTQ una «nuvola nera sull’America».
È proprio il caso di dire: morto un Papa… se ne fa un altro.
Peccato che il vescovo messicano di Saltillo, Jose Vera Lopez, non sia fra i candidati. Almeno si avrebbe l’assicurazione che finalmente i cattolici omosessuali verrebbero accolti nella chiesa.